Rivolta carceri, l’intervista al segretario del sindacato della polizia penitenziaria

Immagine di repertorio

Abbiamo parlato di quanto sta accadendo nelle carceri italiane con Donato Capece, segretario nazionale del Sappe, il sindacato autonomo della polizia penitenziaria.

Professor Capece, come commenta questa situazione?
«Dire che drammatica è poco, è una guerra».

Ci sono stati anche morti…

«Sì, a Modena: sei morti per overdose da psicofarmaco. Tre sono deceduti direttamente a Modena, li abbiamo trovati ieri sera quando ci siamo ripresi il controllo del carcere. Gli altri tre sono morti negli istituti in cui sono stati trasferiti».

Come valuta il motivo del contendere?

«Dal mio punto di vista, la rivisitazione dei diritti sui colloqui è una scusante. A mio avviso i colloqui sono stati solo disciplinati diversamente, in applicazione al decreto per evitare il contagio da coronavirus. È vero che sono state riviste le unità che possono partecipare. Però, contestualmente, sono stati concessi più colloqui via Skype e via telefono, quindi è soltanto un pretesto».

Quale potrebbe essere la reale motivazione?

«Da quanto mi risulta, qualcuno da tempo soffiava sul fuoco per convincere i detenuti a fare battaglia, in modo da ottenere indulto e amnistia. In alcune carceri sono partite manifestazione in forma pacifica, in altri istituti ciò si è trasformato poi in una rivoluzione che ha causato milioni di euro di danni. E li pagheremo noi cittadini».