Santagostino: «A disposizione della Regione per test a tappeto sul Covid»

Immagine di repertorio

Un appello a Regione Lombardia arriva direttamente dai professionisti del centro medico Santagostino, che vogliono mettersi a disposizione per fornire test rapidi e estensivi sul Coronavirus. I vertici della clinica, con sede a Sesto San Giovanni e diversi centri distribuiti anche a Milano, si sono rivolti al presidente della Regione Attilio Fontana.

«Siamo a disposizione di Regione Lombardia pere fare test estensivi per il Covid-19 alla popolazione. Organizziamo subito un tavolo in Regione, costruiamo insieme sia la parte erogativa che quella di elaborazione dei dati. Non c’è più tempo e abbiamo bisogno di avere più diagnosi per combattere meglio il contagio», propone Luca Foresti, amministratore delegato del centro Santagostino.

L’idea del Santagostino è quella di somministrare test sierologici: esami che individuano la presenza di anticorpi capaci di evidenziare se un paziente ha in corso o ha avuto un’infezione da Coronavirus. Si tratta di un test diagnostico, cioè un piccolissimo prelievo di sangue con una puntura sul dito. «Rispetto ai tamponi genetici – spiega Foresti – sono test meno costosi, più veloci nella risposta e c’è una capacità produttiva molto maggiore. Per il tampone servono macchine più complicate e tempi di analisi lunghe: questo test invece dà un risultato piuttosto attendibile in pochi minuti e quindi è possibile avere dati quasi in tempo reale».

 La tecnica proposta è quella del ‘drive through’: «il paziente arriva in auto nel punto di prelievo – aggiunge Foresti – apre il finestrino solo quando arriva davanti all’infermiere dotato delle adeguate protezioni, gli viene prelevata la goccia di sangue, richiude il finestrino e si allontana in attesa del risultato che gli arriva poco dopo direttamente sul telefono. Poi, a seconda del risultato, ci saranno ulteriori misure. Niente assembramenti, con una relativa facilità di organizzazione».

Si inizierebbe dalle fasce più a rischio, «erogando test alla popolazione, cominciando dalle categorie più a rischio, come infermieri, medici, personale sanitario. Ci tengo a sottolinearlo: noi siamo a disposizione con il nostro personale, le nostre strutture, ma non vogliamo farlo privatamente, ma in maniera coordinata con le istituzioni, perché i risultati devono servire alle istituzioni per capire cosa sta succedendo e prendere decisioni: se diventa attività privata in cui ognuno fa quello che vuole perde il senso», chiosa Foresti.