Dietro l’angolo – La rubrica
Per trovare tracce della Milano più antica uno dei luoghi migliori è piazza Missori. Durante scavi attorno alla chiesa di San Giovanni in Conca sono infatti emersi reperti in pietra lavorata risalenti a 4-5mila anni fa.
I resti della chiesa stessa testimoniano epoche lontane. Della struttura originaria resta oggi solo l’abside: il resto fu demolito tra il 1948 e il 1952 per motivi viabilistici. Sotto terra, intatta ma non visitabile, sopravvive la cripta a 5 navate. Dal 1881 San Giovanni in Conca fu per un periodo una chiesa valdese fino a quando venne demolita. Ma la sua facciata, salvata pietra per pietra, è stata ricostruita in via Francesco Sforza, sede attuale del culto.
Origine del nome ‘In Conca’
Il nome ‘in Conca’ si presta a diverse interpretazioni, le più accreditate parlano di un avvallamento del terreno. Secondo una leggenda però il nome si deve a un martirio mancato: il Santo – Giovanni – avrebbe dovuto essere gettato in una caldaia d’olio bollente, una conca per l’appunto, ma una pioggia torrenziale lo salvò dalla tortura. Un’usanza ormai perduta di questa zona risale invece al Medioevo quando i fedeli facevano tridui, preghiere che duravano per giorni, per chiedere la fine della siccità. Se i cittadini non ricevevano la grazia accendevano un falò e bollivano un calderone cercando poi di spruzzare i sacerdoti con il brodo ottenuto: la speranza era che anche stavolta un temporale spegnesse le fiamme come al tempo del Santo.
L’antica ‘Ca di Can’
A destra, guardando la chiesa di San Giovanni in Conca, sorgeva la Ca di Can, voluta da Bernabò Visconti per allevare circa 5mila cani. I cittadini erano obbligati a nutrirli e rischiavano multe se, durante le visite quindicinali, venivano trovati troppo magri o grassi. A causa dello stato di decadimento del palazzo intorno al 700, nacque il modo di dire ‘è come alla Ca di Can’ per indicare un gran disordine. Tutti i cani di Bernabò Visconti portavano una targhetta con il simbolo della famiglia, un Biscione. In molti luoghi della Lombardia persiste ancora il modo di dire ‘can del la bissa’, per indicare un birbante o un guastafeste, che deriva proprio dall’antipatia per i cani di Bernabò. Non a caso si dice che furono i nobili Pusterla a chiudere atri e cortili per evitare che quei cani vi entrassero: nacque così la ‘pusterla’, piccola porta interna che oggi delimita ancora certi androni.
La statuta a Giuseppe Missori
In mezzo alla piazza, infine, si erge la statua di Giuseppe Missori realizzata da Ripamonti. Il colonnello Missori è rappresentato a cavallo di un destriero con il muso a ciondoloni che non assomiglia al cavallo di un valoroso soldato. L’intenzione era precisa: Missori, garibaldino e repubblicano, doveva sfuggire alla retorica celebrativa.
‘Dietro l’angolo’ è la rubrica de Il Gazzettino Metropolitano che racconta storie, curiosità e segreti nascosti di Milano e del suo hinterland, per scoprire angoli insoliti della città.