Un’azienda di alta moda lombarda è coinvolta in un’indagine per lo sfruttamento del lavoro. I carabinieri del gruppo per la tutela del lavoro di Milano hanno eseguito un decreto di amministrazione giudiziaria nei confronti di un’azienda operante nel settore dell’alta moda, disposto dal Tribunale di Milano, su richiesta della procura della Repubblica.
Il provvedimento è stato adottato a causa di gravi indizi che collegherebbero la società a un sistema di sfruttamento lavorativo strutturato, attraverso una filiera di subappalti. Secondo quanto emerso dalle indagini, la società committente, che si occupa della prototipazione di capi di alta moda (tra cui giacche in cashmere), avrebbe affidato la produzione industriale a una seconda azienda priva di capacità produttiva. Quest’ultima, a sua volta, avrebbe esternalizzato le lavorazioni a opifici gestiti da cittadini cinesi, con l’obiettivo di abbattere i costi ricorrendo a manodopera irregolare, in nero o clandestina, impiegata in condizioni di grave sfruttamento.
Gli opifici coinvolti, secondo quanto accertato, non rispettavano le norme in materia di salute e sicurezza, né le condizioni contrattuali previste dai contratti collettivi nazionali di lavoro. Inoltre, alcuni lavoratori venivano ospitati in dormitori abusivi, in condizioni igienico-sanitarie definite al di sotto degli standard minimi accettabili. L’operazione è stata avviata a maggio a seguito della denuncia di un lavoratore di origine cinese che riferiva di essere stato aggredito da un datore di lavoro dopo aver chiesto il pagamento di stipendi arretrati. L’uomo aveva riportato lesioni con prognosi di 45 giorni.
A partire da questo episodio i carabinieri hanno avviato controlli su diversi opifici nella provincia di Milano. Nel corso delle verifiche sono stati identificati 21 lavoratori, di cui 10 in nero, 7 dei quali clandestini. È stato inoltre riscontrato l’utilizzo di società cartiere, ossia prive di personale e create al solo scopo di mascherare la reale catena produttiva, emettendo fatture per operazioni inesistenti.Due cittadini cinesi, titolari o gestori di aziende coinvolte, sono stati deferiti all’Autorità Giudiziaria per il reato di caporalato. Uno di loro è stato arrestato in flagranza per aggressione. Inoltre 2 cittadini italiani, titolari della società sub-affidataria, sono stati denunciati per violazioni in materia di sicurezza sul lavoro; sono state anche emesse sanzioni per oltre 241mila euro, tra ammende e sanzioni amministrative, e disposta la sospensione dell’attività per due opifici cinesi, per l’uso di lavoro nero e gravi violazioni in materia di sicurezza.