Covid, l’ospedale Niguarda apre la ‘degenza di comunità’ all’ex Paolo Pini

All’ospedale Niguarda di Milano apre la ‘degenza di comunità‘ per i pazienti in fase di remissione della malattia. Ventisei posti letto, attivabili gradualmente, per accogliere e assistere i pazienti, ancora affetti da Covid-19, che si sono stabilizzati ma, per diversi motivi, non possono essere dimessi al domicilio.

Superato il momento più critico della malattia, infatti, spesso prima di poter tornare a casa alcune persone necessitano di un periodo di assistenza sanitaria a minore intensità e di un monitoraggio infermieristico continuo, non gestibile a domicilio. Per loro, a Niguarda è stata appena aperta la ‘degenza di comunità’, un reparto che rappresenta uno snodo importante tra l’ospedale e il territorio e che va a completare il percorso di cura organizzato per offrire ai pazienti una risposta a 360 gradi. Il servizio è stato aperto all’interno del presidio ‘ex Paolo Pini’, un’importante risorsa territoriale di Niguarda con quasi 300 mila metri quadrati destinati ad attività socio sanitarie, in un dedalo di viali alberati e giardini.

L’organico della ‘degenza di comunità’ può contare sulla presenza di personale infermieristico, socio sanitario e medico dedicato a questa altrettanto delicata fase della malattia. I pazienti accolti sono autosufficienti e con una stabilità cardio-respiratoria adeguata, per cui il ricovero in un ospedale per acuti non è più indicato. Qui il percorso di cura prosegue con il monitoraggio clinico e un’assistenza infermieristica continua, la gestione della terapia farmacologica, l’esecuzione di esami di controllo, visite specialistiche e, se necessario, l’ossigenoterapia a bassi flussi.

L’apertura di questa nuova struttura arriva poche settimane dopo l’avvio della Centrale di monitoraggio dei pazienti in isolamento domiciliare. Si tratta di uno sforzo organizzativo e gestionale enorme messo in campo dal Niguarda per cercare di rispondere sul territorio alle diverse necessità di chi viene colpito dal nuovo coronavirus ed evitare il rischio di una saturazione dei posti letto ospedalieri.