Nella giornata di mercoledì 22 ottobre nel quartiere Isola di Milano è stato intitolato il giardino di piazzale Segrino alla partigiana Margherita Belotti, conosciuta con il nome di battaglia ‘Rina’.
Margherita Belotti nasce ad Albino, in provincia di Bergamo, il 24 settembre del 1917. Di famiglia antifascista, si avvicina al Partito Comunista nel 1938 e si impegna in attività di propaganda nelle fabbriche e nei caseggiati popolari. Dopo l’8 settembre 1943, con il nome di battaglia Rina, diventa staffetta delle Brigate Garibaldi, portando la stampa clandestina nella zona dell’Ossola. Nel settembre 1944 viene assegnata alla 2ª Divisione Garibaldi in val Masino (Valtellina). Arrestata nel febbraio 1945 a Milano, subisce duri interrogatori e torture nelle mani delle brigate nere e viene incarcerata a San Donnino, Como, senza mai cedere ai suoi aguzzini. Liberata il 25 aprile 1945, torna a Milano.
L’iniziativa si inserisce nel percorso di valorizzazione della memoria civile della città e nel progetto ‘Milano è Memoria’. Quest’anno, in occasione degli 80 anni dalla Liberazione, il progetto rinnova l’impegno per ricordare le donne e gli uomini che, con il loro coraggio e sacrificio, hanno costruito la libertà e la democrazia di oggi.
Alla cerimonia hanno preso parte l’assessore alla Cultura Tommaso Sacchi, il presidente di Anpi Milano Primo Minelli, la presidente del Municipio 9 Anita Pirovano, i familiari di Margherita Belotti e gli alunni della scuola ‘Confalonieri’. Gli alunni hanno reso omaggio alla figura di una donna antifascista che, giovanissima, sceglie di impegnarsi per la libertà e la democrazia.
Assessore Cultura Milano: «Margherita Belotti protagonista fondamentale della nostra storia»
«È con emozione – ha dichiarato l’assessore alla Cultura, Tommaso Sacchi – che oggi dedichiamo questo giardino a Margherita Belotti. Partigiana e donna coraggiosa, protagonista silenziosa ma fondamentale della nostra storia collettiva. Intitolarle questo spazio significa non solo ricordare il suo impegno per la libertà e la giustizia, ma anche riaffermare i valori che hanno dato vita alla nostra democrazia: la libertà, l’uguaglianza e la solidarietà. Oggi la sua memoria entra nello spazio pubblico della città. In un luogo di incontro e di vita quotidiana, e questo gesto ha un valore profondo perché riconosce il contributo spesso invisibile delle donne alla storia collettiva. Dare nome alle donne significa restituire voce, memoria e identità a chi troppo a lungo è stata esclusa dalla narrazione ufficiale. Trasmettere alle nuove generazioni la memoria viva della Resistenza, perché ricordare non è solo un dovere, ma un atto di responsabilità verso il futuro».
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