Il Pop senza tempo di Andy Warhol

«Abbiamo voluto iniziare il 2019 in una reggia con un vero e proprio re della pop art», l’emozione è palpabile nelle parole di Piero Addis, direttore generale della Reggia di Monza. ‘Andy Warhol. L’alchimista degli anni Sessanta’ è il titolo della mostra che raduna «150 opere del pittore, di cui 50 sono inedite e arrivano da collezioni private», chiosa Addis.
Tre mesi, dal 25 gennaio al 28 aprile, nei quali il pubblico potrà ammirare le opere del gigante dell’arte pop all’orangerie, la serra riscaldata della Villa Reale, dove nel Settecento venivano coltivati cioccolato e caffè.
In programma per il 24 gennaio l’inaugurazione e poi, dal 25, l’apertura ufficiale della mostra. «Non possiamo chiamarla retrospettiva grazie alle opere inedite che verranno esposte – puntualizza Addis -. Ho avuto modo di conoscere Warhol di persona a New York, dove ho iniziato la mia carriera. Negli anni Ottanta era già richiestissimo, tutti facevano la fila per farsi ritrarre da lui: riusciva a consacrare come ‘icone’ personaggi già famosi e nello stesso tempo trasformava lo squallore della quotidianità in qualcosa che è pieno di stupefazione e fascinazione». E la forza di Warhol risiede anche nel carattere diretto delle sue opere, ‘pop’ significa infatti ‘popular’, un’arte vicina alla gente, che scende da un piedistallo elitario per essere apprezzata da tutti.
Ma il ‘giovane di Pittsburgh’, non è l’unico grande nome ospitato all’orangerie: «dopo Warhol, si prosegue con la mostra ‘artgate’, curata da Martina Corniati, con opere che arrivano dalla Fondazione Cariplo. A ottobre poi accoglieremo la biennale giovani». Anche gli altri spazi di esposizione del Consorzio di Monza rimangono vivi tutto l’anno: in cappella reale ci saranno «due mostre
importanti – svela il direttore – con un prestito ‘esclusivo’ dal museo di Capodimonte, che ritrae la Villa Reale e la Regina Margherita».
Negli appartamenti reali prosegue la mostra con opere contemporanee e racconta i 240 anni del Teatro Bolshoi e il progetto ‘Interferences’.
Una programmazione che unisce e mischia il classico e il contemporaneo, per rimanere ‘con i piedi per terra’: attrattiva per l’intera popolazione, senza perdere la raffinatezza.