Trent’anni senza l’uomo del confessionale, trent’anni senza Scirea

Ci sono calciatori che nella loro carriera costruiscono e poi disfano un rapporto d’amore che, principalmente nel mondo del calcio, si basa sul gol e sui trofei vinti. Parallelamente a questa categoria, ci sono uomini (dietro i calciatori) in grado di scrivere pezzi di storia dello sport, incarnandone i più profondi valori.

Trent’anni fa un incidente privava il calcio italiano, il mondo dello sport, di Gaetano Scirea. Era una normalissima domenica pomeriggio: la sua Juventus vinceva a Verona per 4-1 con la doppietta di Schillaci ed i gol di Marocchi e Fortunato. Tutto procedeva con la solita calma piatta della tipica domenica di fine anni Ottanta, quando uno sconvolto Sandro Ciotti con voce rotta fermò la diretta della Domenica Sportiva per dare la triste notizia al popolo italiano: «Scusate, dobbiamo interrompere la selezione delle partite di Serie A che verrà comunque ripresa tra poco per una ragione veramente tremenda: è morto Gaetano Scirea in un incidente stradale». Tanto tempo è passato da quel 3 settembre 1989 e il prato verde ancora aspetta un vero, degno, erede di Gateano Scirea. Un difensore capace di raggiungere l’apice (campione del mondo nel 1982) e lasciare un solo numero zero tra le statistiche della sua carriera: quello delle espulsioni.

Vogliamo chiudere allora, a trent’anni dalla scomparsa di Gaetano Scirea, riportando la dichiarazione che don Gianni Minetti (il prete che ha sposato e celebrato il suo funerale) rilasciò alla Gazzetta dello Sport nel 1999, in occasione del primo decennale dalla scomparsa. «Da 10 anni, per me – raccontava don Minetti, Gaetano è un modello da proporre. Nei corsi pre-matrimoniali racconto l’esclamazione che gli scappò, quando spiegai a lui e a Mariella il senso cristiano dell’ amore: ‘E’ meraviglioso!’. Dico che, paradossalmente, è una lezione di vita anche l’anello nuziale che non si è mai tolto e che servì a riconoscerlo dopo l’incidente in Polonia. Vidi per la prima volta Scirea attraverso la grata del confessionale, nel Natale ’75. Mi meravigliai, perché era un campione e perché in genere i ragazzi vengono a confessarsi solo se trascinati dalle fidanzate. Ricordo una strigliata che gli fece Mariella quando rovinò i mocassini nuovi. I bambini della parrocchia gli avevano chiesto di giocare: Gai poteva dire no?».