Sesto, la denuncia di una donna positiva al Covid: «Il mio incubo per fare un tampone di controllo»

Multimedica Sesto San Giovanni

Riceviamo e pubblichiamo la lettera di una donna, S. D., che racconta l’epopea che hanno vissuto lei e sua figlia, positive asintomatiche al Covid-19, per eseguire un tampone di controllo (prescritto loro da Ats) alla Multimedica di Sesto San Giovanni.

«Io e la mia famiglia siamo in isolamento fiduciario dal 30 settembre perché siamo risultati tutti positivi asintomatici al Covid (caso positivo in classe della mia primogenita 17enne, successivo tracciamento, ed eccoci qui), Mio marito e la mia primogenita hanno fatto nei giorni scorsi il tampone di controllo tramite Ats e si sono negativizzati. Giovedì pomeriggio vengo contattata da Ats per il tampone di controllo mio e della mia secondogenita, appuntamento per la mattina di sabato 17, alle 10,45 e 10,50 alla Multimedica di Sesto San Giovanni. L’operatrice telefonica di Ats si raccomanda: ‘Mi raccomando, puntuali altrimenti perdete il turno, ma con al massimo 10 minuti di anticipo per non creare assembramenti‘.

Sabato mattina alle 10,30 arriviamo alla Multimedica e vedo una fila spaventosa di persone, la coda arriva fino a fuori il parcheggio della struttura, ad occhio saranno circa in 200. Entro, sbrigo le procedure di accettazione e, ingenuamente, chiedo dove devo recarmi per i tamponi con appuntamento Ats, mi viene risposto che la fila è unica e che in coda ci sono: primi tamponi di tracciamento, tamponi di controllo (come i nostri), tamponi per pre ricoveri e tamponi di solventi. Le file non sono diversificate, tempo di attesa stimato: 3 ore. Distanziamento praticamente nullo, se ci si distanziasse si invaderebbe il viale Fulvio Testi.

Mi faccio chiamare un responsabile, all’inizio nicchiano, poi minaccio di fare una scenata lì nell’atrio, qualcosa nel mio sguardo e nel mio tono deve averli convinti. Faccio presente che dobbiamo fare un tampone di controllo e che Ats ci ha fissato gli appuntamenti raccomandandosi di non arrivare troppo in anticipo per via degli assembramenti, e che è inaccettabile che ora si debba fare 3 ore di coda perché, in teoria, io e mia figlia potremmo essere ancora positive, e lì ci sono anche persone che devono fare il tampone prima di essere ricoverate (e quindi qualche problema di salute lo hanno) e il distanziamento è inesistente. Mi viene risposto che Ats non è informata di come stanno realmente le cose, io ribatto che devono essere loro a informare Ats di come gestiscono la situazione.

Dico alla persona che mi ascolta che o risolve la situazione o chiamo le forze dell’ordine per via dell’assembramento. Lui risponde che non è necessario e mi invita a fare solo un pezzettino di fila, quella più vicina alla porta dell’auditorium dove fanno il tamponamento. Rifiuto, trovandolo irriguardoso verso le persone che stanno in fila da ore, ma sono proprio queste persone a dirmi di non farmi problemi, che un tampone si esegue in pochi secondi e che se ho un appuntamento è giusto che venga rispettato. Nicchio ancora un po’, ma poi mi convincono. Faccio comunque 20 minuti di coda e, nel frattempo, parlo con le altre persone che sono lì, e vengo a scoprire che il tampone a pagamento alla Multimedica costa 125 euro, una signora dopo aver pagato questa cifra si è messa in fila alle 8, ed entra 5 minuti prima di me, alle 11.

Nel frattempo facciamo passare avanti una signora anziana che deve fare il tampone per il prericovero e ha evidenti difficoltà di deambulazione, per i dirigenti Multimedica nemmeno lei avrebbe diritto di priorità. Facciamo passare anche una signora incinta che fa il tampone perchè il marito è risultato positivo, era in fila da un’ora, al settimo mese di gravidanza. Nemmeno per lei diritto di priorità, ma solo la solidarietà e l’umanità delle persone in coda. Alle 11,05 io e mia figlia riusciamo a entrare nell’auditorium, un locale enorme con solo 2 infermieri a fare i tamponi a quella fila immensa di persone. Una situazione inaccettabile, vergognosa, in cui le persone sono trattate come numeri, peggio, come bestie. Vorrei che questa storia non finisse qui, che venisse fuori, che si sapesse come tratta i cittadini il sistema sanitario lombardo».