Il diritto allo studio: l’esempio delle carceri

libri, immagine di repertorio

A due anni dalla firma del protocollo di intesa tra DAP e CNUPP, la Direzione Generale dei detenuti e del trattamento del DAP ha inviato il documento ai Provveditorati regionali dell’Amministrazione Penitenziaria affinché il tutto possa essere inoltrato a tutti gli istituti penitenziari.

Le linee guida individuate e tanto attese, riguardano i percorsi di studio universitario delle persone che stanno scontando la pena e spiega come debbano essere organizzati i rapporti tra i soggetti coinvolti, le Università, i Dipartimenti, i Provveditorati, e gli Istituti Penitenziari, illustrando come debbano essere recepite ed applicate le linee guida predisponendo idonee convenzioni o protocolli di intesa fra atenei e direzioni degli istituti.

Gli elementi determinanti che hanno permesso l’avvio organizzativo di una serie di attività, come implementare la connessione all’interno delle carceri, agevolare rapporti tra docenti, studenti o tutor, colloqui di orientamento, pratiche amministrative agevolate, sono stati i numeri, una lettura oggettiva dei dati, come riporta in maniera estremamente chiara e dettagliata un articolo di gNews il quotidiano online del Ministero della giustizia.

L’anno accademico 2020-2021 nonostante fosse l’anno della massima emergenza pandemica, non ha impedito alla cultura di arrestare il suo cammino, forse l’unico lato positivo della pandemia, è che è stata l’occasione per molti individui, di cogliere il momento, per valorizzare  il bagaglio di conoscenze personali, e questo, è quello che è accaduto tra i detenuti, secondo un monitoraggio svolto dal CNUPP, con 1.034 studenti universitari iscritti, di cui 970 uomini e 64 donne, 925 distribuiti in 82 strutture penitenziarie e 109 distaccati scontanti la pena con un lavoro esterno. Ben 32 sono le Università coinvolte in questo percorso con 146 dipartimenti che sta a significare una grande varietà e adesione su tutto il territorio.

Dato da non trascurare, il fatto che tra gli studenti costituisca un valore importante il numero non esiguo di carcerati in regime di massima sicurezza circa 355 iscritti e circa 21 quelli sottoposti al regime speciale di detenzione previsto dall’Ordinamento Penitenziario e noto alle cronache come art. 41-bis. Solo il 13 per cento degli iscritti ha optato verso una Laurea Magistrale mentre l’87 per cento degli iscritti ha scelto il ciclo triennale.

Non stupisce quindi che questa tendenza allo studio cominciata con numeri inferiori negli anni precedenti in ogni caso abbia permesso di concludere un percorso a 23 detenuti che si sono laureati nel 2020, numero che, viste le iscrizioni del 2020, sarà inevitabilmente destinato ad avere un incremento esponenziale nei prossimi anni. Vale la pena ricordare che come prevede la nostra Costituzione nell’art. 34 per il diritto allo studio, non importa la sede ma “i capaci e meritevoli (…)hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi”.

Flavia Pruner