Sesto, famiglia di tre persone sotto sfratto: «Andremo a dormire in macchina»

Una storia di povertà ordinaria e di incredibile sofferenza, quella della famiglia De Carlo (nome di fantasia): mamma, papà e figlio di vent’anni, che da mercoledì 19 gennaio potrebbero finire a dormire in macchina, dopo lo sfratto dall’appartamento in cui sono in affitto dal 2017.

I De Carlo hanno iniziato ad avere seri problemi economici durante la pandemia: «Mio marito ha perso il lavoro – spiega la mamma – e mio figlio fa lavoretti saltuari, come me, che non ci permettono di pagare l’affitto». Lo sfratto dal loro appartamento di via Magenta 143 era stato già rimandato di mese in mese, fino ad arrivare a mercoledì 12 gennaio quando sono riusciti a ottenere un’ultima proroga di 7 giorni.

I servizi sociali del Comune di Sesto hanno consigliato ai De Carlo di partecipare al bando per ottenere una casa popolare, che è stato aperto in settimana, ma le assegnazioni avverranno non prima di marzo e i tre hanno i giorni contati: una settimana prima di finire a dormire in macchina. Intanto la famiglia si è rivolta all’Unione Inquilini che li aiuterà nel trattare con la proprietaria dell’appartamento e con l’amministrazione.

«Capiamo che il provato voglia vendere l’appartamento – chiosa la mamma -, ma a noi basterebbe anche un mese, il tempo di ottenere la casa popolare. Non abbiamo una rete di appoggio, ci è stata rifiutata la richiesta per la misura di morosità incolpevole e dal Comune non arriva alcun aiuto economico per pagare un affitto temporaneo o una sistemazione “cuscinetto” dove ripararci nel frattempo. Nulla. Potremmo persino andare a dormire in macchina sotto il Municipio ma non importerebbe a nessuno».

Il Comune, di contro, ribatte: «La misura della morosità incolpevole è efficace per sanare i rapporti con il proprietario o per conferire una dote da portare al nuovo proprietario a garanzia. È importante sapere che una famiglia non può godere due volte della misura e la maggior parte delle volte in cui non viene accolta è proprio perché si è già goduto della “dote” oppure non c’è incolpevolezza».